Giuseppe Motta, una carriera da leader conservatore

CONSIGLIERE FEDERALE / La neutralità elvetica e il contesto internazionale nel difficile trentennio a Berna dell’avvocato leventinese.

Contrario alle sanzioni nei confronti dell’Italia ricondusse la Svizzera alla politica di neutralità integrale.

Giuseppe Motta (1871-1940) nacque ad Airolo da una famiglia di albergatori benestanti dediti pure ai trasporti lungo la via del San Gottardo. Compiuti gli studi secondari nei collegi di Ascona e Friburgo, e quelli universitari a Monaco di Baviera, Heidelberg e Friburgo in Brisgovia, apre uno studio di avvocatura nel paese natale. Inizia quindi una rapidissima carriera, nel Partito conservatore, del quale prende la direzione subentrando a Gioachimo Respini. Deputato al Gran Consiglio a 23 anni, consigliere nazionale a 28, candidato al Consiglio federale a 37; egli è eletto a 40. Dirige dapprima il Dipartimento delle Finanze e Dogane, opponendosi all’imposta federale diretta.

Avversario dei socialisti, dopo lo sciopero generale sostiene la necessità di solidarietà sociale, opposta sia alle tendenze rivoluzionarie che a quelle reazionarie. Nel 1920 assume la direzione del Dipartimento Politico, ossia della politica estera. Rieletto ad ogni rinnovo del Governo, con risultati in genere poco brillanti (gli mancano sempre i voti della sinistra, avversa alla sua politica). Muore nel gennaio 1940.
Nella SdN, gioco un ruolo di primo piano, opponendosi in particolare all’adesione dell’Unione Sovietica e alle sanzioni contro l’Italia (a seguito delle quali riuscirà a ricondurre la Svizzera alla neutralità integrale). Accusato di simpatie nei confronti del fascismo (il Duce, infatti, non lesina dichiarazioni di stima e di amicizia nei suoi confronti), riesce comunque a far riconoscere la neutralità elvetica dagli Stati in guerra.

(da Corriere del Ticino, 16 maggio 2020, autore Franco Celio; autorizzazione CdT del 24.5.2020)